Forse vi sarà sfuggito, e questo perché eravate in vacanza e la pandemia sembrava risparmiare il Belpaese, tutto sembrava più leggero e voi sembravate più liberi dentro i costumi e sotto chili di crema protezione 50 più. Ma del resto che ci sto a fare io qui, guarda per fortuna ti sei iscritto a questa newsletter. Comunque, dicevamo.
Il 6 agosto l’ormai ex premier giapponese Shinzō Abe fa un discorso a Hiroshima in occasione del 75esimo anniversario del lancio della bomba atomica. Tre giorni dopo a Nagasaki in occasione del 75esimo anniversario del lancio della bomba atomica fa lo stesso discorso. Nel senso: identico; per la precisione uguale a quello di tre giorni prima al 93 percento. C'è chi non l’ha presa molto bene.
E ok, per carità, ma se quella di Abe fosse stata una performance? Un’azione, immagino, che tira in ballo concetti come identità (tre giorni dopo sono la stessa persona di tre giorni prima?); autorialità (chi ha scritto i discorsi? La stessa persona? due persone diverse?); copiatura (esiste veramente la possibilità di ricopiare qualcosa?); allora Abe sarebbe in buona compagnia.
Copioni secchioni
Andiamo coi fondamentali: guardie e infami sono uguali.
Perché è di questo che parliamo: esistono due cose, due concetti, due immagini, due parole uguali? Prendiamo per esempio Borges e di Borges il Pierre Menard, autore del Chisciotte. L’autore nel racconto illustra la produzione letteraria dello scrittore Menard: quella visibile e quella sotterranea, impareggiabile, incompleta. In quest’ultima categoria rientra l'impresa, così la descrive Borges:
Menard “non volle comporre un altro Chisciotte - ciò che è facile - ma il Chisciotte. Inutile specificare che non pensò mai a una trascrizione meccanica dell'originale; il suo proposito non era di copiarlo. La sua ambizione mirabile era di produrre alcune pagine che coincidessero - parola per parola e riga per riga - con quelle di Miguel de Cervantes”.
Per poi concludere: “Il testo di Cervantes e quello di Menard sono verbalmente identici, ma il secondo è quasi infinitamente più ricco”. Scrivere, anzi si dirà riscrivere, un testo tempo dopo non fa del nuovo testo una copia del vecchio: cambiano infatti i riferimenti storici, le affinità letterarie, ecc ecc, tanto da far proporre a Borges autori come Nietzsche e Russell per il Chisciotte di Menard e non per quello di Cervantes.
Altro caso di gente che si copia: tipo Melania Trump, che spudoratamente ripete parti intere del discorso tenuto da Michelle Obama nel 2008 nella Democratic National Convention. Dico, veramente le parole delle due hanno lo stesso significato?
Torre Eiffel aziendale, Pojana maggiore, Vicenza
Questa storia della copia in tempi più recenti è diventata un’affermazione poetica nella penna dell’indefinibile artista, scrittore, poeta, Kenneth Goldsmith che da anni lotta per una letteratura meno romantica. Il mondo è pieno di testi già scritti, ovunque: dai codici html alle pubblicità, ai post sui sociali, insomma basta solo copiarli. Questa brutalmente la sua idea, spiegata meglio qui, mentre Nero da poco ha tradotto e stampato anche un suo libro. Che ne so, Goldsmith, per capire di cosa parliamo, ha messo su carta tutte le mail ricevute da Hillary Clinton durante lo scandalo della campagna presidenziale del 2016 contro Donald Trump, oppure ha letto l'autopsia di Michael Brown, ragazzo ucciso dagli agenti di polizia USA e ricopiato tutto il New York Times dell’11 settembre 2001. Ecco: provate voi a leggere le pagine copiate da Goldsmith del Times sapendo cosa è successo alle torri gemelle poco dopo che il giornale è andato in stampa e poi venitemi a dire che sono la stessa cosa, che seppur identiche verbalmente non dicono cose diverse.
O il cortocircuito di Roberto Fassone che mette la Pepsi in una bottiglia di Coca cola e viceversa
Copia di copia di copia di copia di copia
E quindi niente, forse Menard e Goldsmith avrebbero appoggiato l’idea dell’ex primo ministro giapponese, nel senso, la tecnica è quella lì, è quella giusta ecco, e probabilmente il problema è il contesto, è stato questo a oscurare la performance di Shinzō Abe, perché se è vero che copiare non è un problema dipende sempre dove lo fai.
Doppia parentesi mitologica
L’incredibile storia di Zeusi e Parrasio e l’epica spacconata di Zeusi
Si dice che costui (Parrasio) sia venuto in competizione con Zeusi,
il quale presentò un dipinto raffigurante acini d’ uva: erano riusciti
così bene, che alcuni uccelli volarono fin sulla scena [i dipinti
erano di norma esposti in teatro]. Lo stesso Parrasio, a sua volta,
dipinse un drappo, ed era così realistico che Zeusi - insuperbito dal
giudizio degli uccelli - lo sollecitò a rimuoverlo, in modo che si
potesse vedere il quadro. Ma non appena si accorse del suo errore, con
una modestia che rivelava un nobile sentire, Zeusi ammise che il
premio l’ aveva meritato Parrasio. Se infatti Zeusi era stato in grado
di ingannare gli uccelli, Parrasio aveva ingannato lui, un artista.
Plinio Il Vecchio, Storia Naturale XXXV 65-66
E infine: se anche Narciso non si fosse innamorato di se stesso? Nel senso: benché sia vero che Narciso si sia innamorato di se stesso, non sapeva però di essere lui stesso la persona di cui si era innamorata. Pensateci.
Chiuse parentesi.
Kenneth Goldsmith e Fox Irving, 5:13 PM – 6 Nov 2014 (Mapplethorpe), 2014. One and three twits, 2015. Courtesy galleria Freddy, Baltimora
Ok, è ora di Danto. Nel suo la Trasfigurazione del banale il critico dell'arte scrive:
È noto che la somiglianza, perfino la somiglianza tra paia di cose, non basta a fare di una cosa l’imitazione di un’altra. Tipo e prendiamo il linguaggio oggettivo per antonomasia: la matematica. Wittgenstein prende in considerazione una tribù che usa come decorazioni le stesse forme che noi impieghiamo come formule di calcolo. Questa tribù può quindi usare
ʃ [F(x) + g(x)]dx = ʃ F(x)dx + ʃ g(x)dx
Ma da ciò non consegue che la loro decorazione dica quel che dice:
ʃ [F(x) + g(x)]dx = ʃ F(x)dx + ʃ g(x)dx
E così è tutto nel contesto, da una parte formula per mandare razzi su Marte dall’altra ghirigoro dentro grotte; da un lato Giapponesi arrabbiati per due discorsi identici, dall’altro una cattedra all’università di Pennsylvania per aver copiato le pagine del Times. Ma questo non dovrebbe essere una novità. O almeno non lo è dai primi decenni del secolo scorso.
Stiamo parlando dei ready-made ma non starò qui ad ammorbarvi (anche) su quella questione. Quello che però è interessante è che proprio il principio di dislocazione, ricontestualizzazione che nell'arte (e nella musica) ha invaso ogni attività, rimane invece una pratica sconosciuta nel campo della letteratura incapace di liberarsi dal mito dello scrittore che crea tutto dal nulla sulle sue sudate carte, come ci insegna sempre Goldsmith.
Giulio Paolini, Mimesi, 1975
Ci sarebbe da aprire anche una parentesi sul doppio ma è tardi e siamo tutti stanchi
Proviamo però a prendere una fotografia o il dipinto più iperrealista che conoscete e seguiamo un attimo il ragionamento del filosofo Nelson Goodman che ci illumina sul concetto di copia del reale:
Un quadro può rappresentare il duca di Wellington, il duca a sua volta non rappresenta il quadro. (…) Un dipinto del castello di Marlborough eseguito da Constable è maggiormente simile a qualsiasi altro quadro che non al castello, e tuttavia rappresenta il castello e non un altro quadro. (…) Ciò che allora devo copiare, a quanto sembra, è uno di tali aspetti, uno dei modi in cui l’oggetto è o appare. Ma ovviamente non uno qualsiasi a caso – no, ad esempio, il duca di Wellington come appare a un ubriaco attraverso la pioggia. (…) In breve, l'oggetto va copiato così come è visto in condizioni asettiche dall’occhio libero e innocente. L'intoppo qui è che non esiste occhio innocente.
E lo sa bene chi gioca con questa ambiguità: tipo Mario Cresci che con una raffinatezza da uomo ottocentesco, con una rasoio affilatissimo si fa strada nella fitta selva dell’identico. Era il 1987 e nella galleria Alzaia di Roma Cresci presentava il suo ultimo progetto: Copia di copia. Un’idea semplice che diventa un labirinto: Cresci ricopia a mano su carta famose fotografie, tutto qui. L’ambiguità è massima. La fotografia considerata una copia oggettiva della realtà viene ricopiata a mano, così – come scrive Angelo Trimarco nel catalogo della mostra – “Non ci sono, infatti, né realtà, né immagini ma solo copie di copie. All'infinito”.
Mario Cresci, Copia di copia, installation view Galleria Alzaia, 1987, provino
Tipo come anche Giorgio Di Noto con Arab revolt. Un reportage fotografico sulla primavera araba fatto seduto davanti a uno schermo senza muoversi di casa. Di Noto ha selezionato video presi dalla rete, per la maggior parte realizzati dalla stessa popolazione in rivolta, e poi li ha fotografati con una polaroid in bianco e nero. Una copia anche qui ben distante dall’originale per la costellazione di spunti che realizza sulla riproducibilità, sulla veridicità e sull’idea stessa della fotografia documentaria. Era il 2011, nel 2012 il progetto vince il premio Pesaresi al Si fest non senza polemiche.
Ca tuta ra Legea
Perché di solito una copia viene considerata una bugia distante dall’autentico, dall’originale, dalla realtà. Così, forse, a infastidire i giapponesi non è stata la pigrizia (il primo ministro non voleva scrivere un discorso nuovo) ma essere considerati cittadini di secondo ordine (il primo ministro ha copiato il discorso di tre giorni prima) e le sue parole sono risultate inautentiche in entrambe le città. Perché può pure darsi che le Canguro siano belle scarpe ma rimangono pur sempre una copia delle Superga.
A monte dei traumi infantili legati ai calzini di spugnazza della Piuma, il contrario dell’originale è il falso e il falso è una (brutta?) copia dell'originale. Se passate in Cina per esempio potete andare a Dafen, una cittadina piena di pittori, tutti ricopiano capolavori di arte contemporanea, c’è stato pure Cattelan. Va detto però che ultimamente non se la passano molto bene giù a Dafen e stanno provando a fare delle opere originali. Ma le grandi opere vengono copiate anche dai videogiochi come Animal crossing. Una volpe metà rigattiere metà collezionista consiglia su un’isola acquisti d’alto rango: Gioconda, Nike di Samotracia, Van Gogh ma per piccole differenze rischiate di portarvi a casa il pacco. Tutorial su Youtube insegnano come riconoscere la corteccia dal fumo, la copia dall'originale.
Tipo la Gioconda fake su Animal crossing con il sopracciglio inviperito
E poi la firma, la caduta dell’aura, il multiplo, il mercato dell’arte, il simulacro, la realtà virtuale e ce ne sarebbe da parlare per secoli, cosa che del resto stiamo facendo da secoli. Ma delicatissimo credo che il sommo Stefano Tamburini possa chiudere ere di pippe mentali: