Ciao,
sono Fatima, non sono la Madonna ma faccio miracoli lo stesso; tipo ieri, andavo per campi, ho visto due pellegrini: chiedevano arte contemporanea. Giorni dopo avevano in posta questa newsletter.
Il 23 agosto c'è stata la finale di Champions League: Paris Saint Germain - Bayern Monaco, vincono i tedeschi uno a zero. Tutto ok.
Insomma.
Perché nel mentre, 11mila e passa spettatori, pensando fosse la finale, guardano su Youtube un altro Paris Saint Germain - Monaco, quello di tre anni fa. Dico, e non mancavano gli indizi: giocatori, allenatori diversi, ma, e soprattutto, in mezzo è arrivata una pandemia che da giugno ha costretto a giocare a porte chiuse, senza pubblico.
PREPARTITA
Del resto, a pensarci bene, se non c'è nessuno a guardare la partita chi mi assicura che la partita sia stata giocata realmente? E se non lo posso sapere, fa differenza guardarne una virtuale?
Jean Baudrillard risponde dal 1987 con l'intervento Transestetica raccolto nel libro Sparizione dell'arte. Ricorda la partita della coppa campioni giocata di notte a porte chiuse nello stesso anno fra Napoli e Real Madrid.
Mai un divieto di questo genere abolirà la passione fanatica per il calcio, è evidente. Esso avrà tuttavia illustrato in modo originale l'iperrealismo del nostro mondo, quello in cui l'evento «reale», l'incontro reale, ha luogo sottovuoto, spurgato del suo contesto umano e visibile soltanto da lontano, televisivamente. Una sorta di anticipazione chirurgica dei nostri eventi futuri: un evento reale minimo, talmente minimo che potrebbe non aver avuto luogo affatto, e un'amplificazione massima sullo schermo. Nessuno avrà visto l'incontro ma tutti ne avranno captato l'immagine (…) D'un sol colpo è diventato un evento puro, virtuale (…) ma la cui incidenza sarà del tutto reale sul mercato sportivo e che darà luogo a ogni tipo di commento.
Lo stadio, allora, come nella finale di quest’anno è vuoto: non c'è nessuno sugli spalti. E l'ambiguità è massima nell'audio: perché se anche una pala sfuggita di mano può intonare Smell Like Teen Spirits uno stadio vuoto come la neve che cade non fa rumore.
Silenzio insomma, come i primi minuti di San Siro raccontato da Yuri Ancarani. Il video ripercorre quello che precede la partita, la preparazione del campo, lo spazio vuoto, il silenzio prima del boato, l’attesa che annuncia l’arrivo dei tifosi. E poi applausi, cori, battiti di mano. Gli stessi della nostra finale di agosto. Ma qui i tifosi non arrivano. Un'atmosfera sinistra da casa degli orrori al Luneur pesa su tutta la partita: qualcuno c'è ma non si vede. O meglio si vede pure ma c'è qualcosa di strano. Tutto si fa più inquietante: chi sono quelle persone? Non potrebbero stare lì. E se non stanno lì da dove vengono i cori?
Yuri Ancarani, San Siro, 2014
Il vecchio Jean aveva ragione: tutto è diventato virtuale mantenendo però la sua influenza sul reale.
Che bello quando si andava alla stadio e uscendo le colonne di San Siro sembravano bulloni infiniti per avvitare il cielo
PANINI S.p.A.
Ma cominciamo dal principio. A giugno dopo tre mesi di pausa riapre il campionato. A stadi chiusi. Presto ci si accorge che la partita ripresa e mandata in diretta nuda e cruda ha qualcosa che non va. Si sentono solo i commenti a bordo campo nel silenzio irreale di un'arena deserta, lo stadio è vuoto e tutto è freddo neanche una camera operatoria. Rimangono sullo schermo solo dei bei signori che seguono una palla in un campo, un gioco minimale svuotato dello show. Giocatori senza pubblico, omini immobili di un biliardino, esattamente come nel lavoro di Federico del Frati, Friends or foe, un calcio balilla con doppie maniglie che ricorda con diverse proporzioni il biliardino lunghissimo firmato da Cattelan nel 1991. Soli come lo è anche Zinedine Zidane nel lavoro di Philippe Parreno e Douglas Gordon A 21st Century Portrait.
Qui, infatti, durante la partita Real Madrid-Villareal del 2005, 17 telecamere erano tutte puntate sul giocatore francese e su nient’altro. Momenti di inattività e quasi di noia si alternano nel video ad azioni rapidissime che ricadono di nuovo nel nulla e nella solitudine della propria posizione nel campo immenso. E poi vicino al novantesimo Zidane si prende il cartellino rosso e senza scomporsi abbandona il campo. Un video che è un capolavoro esistenzialista.
Ma contro la desolazione degli stadi vuoti arriva l'idea geniale: mettiamoci i cartonati, li mettiamo sopra gli spalti e ci stampiamo sopra la faccia dei tifosi. Una specie di album Panini tridimensionale al contrario: sulle figurine la faccia di chi le compra. Una moltitudine di cellulosa trasforma lo stadio in un’installazione ambientale di Mario Ceroli che con le sue sculture in legno, austere e seriali è stato uno degli anticipatori dell'Arte povera e critico della massificazione. Sagome ingessate e immobili, tutte uguali, sostanzialmente autoreferenziali, le opere di Ceroli si animano e si colorano poco dopo negli specchi di Pistoletto che hanno per protagonista la stessa massa di Ceroli ma trattata con una sensibilità decisamente più pop.
Il pubblico in Pistoletto infatti si specchia, si riconosce come massa, entra virtualmente nell'opera fatta per il pubblico stesso. E un passaggio del genere deve essere anche quello che ha portato negli stadi a sostituire l'immobile cartonato con l'animata computer grafica creando così un pubblico di pixel per il pubblico di casa che nel pubblico di pixel virtualmente si specchia. Anzi, che come in Pistoletto è anche ed esattamente quello stesso pubblico, in quanto, in questo caso, è costruito su emulazioni di partite precedenti.
E da specchiarmi in un pubblico che non sono, ma che potrei essere, a diventare quello che non sono, ma vorrei essere, il passo è breve in un mondo virtuale. Se posso essere un pubblico che non sono perché allora non scegliere di essere un giocatore? E se a sua volta il giocatore che scelgo di essere non è il giocatore reale, allora perché non posso far giocare virtualmente qualcun altro? Nel 2019 con Emozioni Mondiali, The Cool Couple portano all’apice le potenzialità della Pro Evolution Soccer 2018. I giocatori possono impersonare artisti famosi e ogni formazione rappresenta un movimento della storia dell’arte. Quanta fatica si sarebbero evitati Benedetto Varchi e i suoi amici a risolvere il paragone delle arti sul campo da calcio.
Mamma mia Picasso
LA DOMENICA MI LASCI SEMPRE SOLA
Ad ogni modo, il pubblico fisicamente rimane fuori e guarda la partita dallo schermo. Fuori come il pubblico della performance di Giosetta Fioroni del ’69 per il Teatro delle mostre a Roma. Con La spia ottica, l'artista infatti, decide di allestire la galleria L'attico che ospitava l'evento esattamente come la sua stanza da letto. Chiama poi l'attrice Giuliana Calandra dicendole di interpretare per 24 ore la giornata di una donna annoiata. Poi chiude la galleria e fa un buco nel muro. L'apertura era l'unica possibilità per i visitatori di guardare l'evento, visitatori che di fatto venivano tagliati fuori. Come anche Cesare Pietroiusti che, con fare più sinistro, nel 1999 in Tutto quello che trovo si chiude dentro la galleria Base di Firenze e non fa entrare nessuno. Seduto nello spazio, bendato e con le orecchie tappate, descrive le sue sensazioni la prima volta, e la seconda volta tutti gli oggetti fisici che individua. Chi raggiungeva la performance non poteva entrare ma vedeva l'artista spuntare dal vetro, o da una saracinesca dietro la tenda di alluminio e sentiva solo la sua voce uscire dalle casse all'esterno dell'edificio. Una scissione visiva uditiva che incontriamo anche nel nostro stadio sotto viruz.
Ultras che portano sciarpe stampati su sciarpe senza più Ultras
Che ne è del suono quando non c'è un pubblico? Facile: un tipo spara a cannone nello stadio con casse giganti campioni di audio presi dai database dei videogiochi costruiti da partite precedenti rigonfie di gente sugli spalti.
Parentesi: c'è anche chi poeticamente come Michele Spanghero fa l’esatto contrario, registra il suono dei teatri vuoti di pubblico. Ma spiega meglio lui così: «Per catturare un suono nell’apparente silenzio della sala di un teatro utilizzo una tecnica che deriva dal compositore Alvin Lucier. Con due microfoni al centro della platea registro il silenzio e dal palcoscenico riproduco il suono registrato nella sala. Ripetendo l’operazione più volte ottengo una stratificazione di silenzi, reali e riprodotti, dai quali viene fuori un suono». Chiusa parentesi. Prego, non c'è di che.
Così l'audio ripreso dai videogiochi durante la diretta trasforma la partita in una specie di montaggio sonoro alla ricerca del giusto sample per la giusta occasione; disperazione per gol lisciati, fomento per azioni incredibili, clapping per sostituzione e così via.
Immagine e suono sono divisi e paralleli e finché procedono in parallelo tutto ok, ma basta poco per trasformare una partita in uno dei video di Rä di Martino nei quali audio e riprese non seguono gli stessi tempi. Come in Camera, per esempio, con Filippo Timi e Anastasia Astolfi, che ripetono registrazioni prese dall’archivio Luce sull’avvento della televisione nelle case degli italiani, o come in The Show MAS go on, nel quale l’attrice Iaia Forte interpreta la proprietaria Chiara Pezone di Mas e recita sul suo montato audio.
Una bella storia di pubblico finto
Ok, pubblico virtuale, audio virtuale. Animazione di tifosi in partite passate giustapposte a partite presenti, cori e applausi registrati in anni di raccolta dati e missati sul campo fingendo che siano veri per far finta che veri siano anche gli spettatori finti. Mancano solo i Blur e siamo a Fifa 98. E del resto, infatti, c'è chi ha trasformato un concerto in un videogioco, o meglio in un videogioco ci ha fatto dentro un suo concerto chiudendo un cerchio, trasformando pubblico e se stesso in avatar digitali (e spacciando la sua nuova linea di moda: americani, fanno sempre così).
Bene, se è tutto chiaro ci vediamo fra 15 giorni per una nuova apparizione. Nel frattempo, sapete dove trovarmi.