Ciao,
sono Fatima, non sono la Madonna ma faccio miracoli lo stesso; tipo ieri, andavo per campi, ho visto due pellegrini: chiedevano arte contemporanea. Giorni dopo avevano in posta questa newsletter.
Il sole, l'amore, lo iodio, il corpo: sembra evidente a questo punto come la pandemia abbia dei problemi con i fondamentali di un'estate italiana.
Anche stavolta la prendiamo alla larga.
Spiagge anti assembramento
Sous le plexiglass, la plage
Forse è chiaro a tutti ma è davvero un peccato, quella sopra non è un’immagine d’archivio di Superstudio. Potrebbe, con l’architettura radicale condivide lo spazio dell’irrazionale, ma non lo è. Gli autori sono i progettisti di un’azienda modenese con un nome lunghissimo, NuovaNeon Group Due Srl, che a quanto pare sono dei campioni in pannellature.
Superstudio, Scatola simulatrice per Supersuperficie, 1972
Se è vero che le utopie diventano realizzabili solo se hanno il consenso collettivo, Yona Friedman docet, così non è stato. Il progetto resta incompiuto ma le immagini fanno il giro della stampa mondiale; sui social Alvar Aaltissimo toglie il plexiglass e cala il calcestruzzo: immagina una trincea lungo tutta la costa italiana, dalla riva fino al mare. Ma non è la stessa cosa. La poesia sta in quel confine evanescente: quei box, lucidi, diafani, sono in realtà vetrine. E in genere nelle vetrine ci si mettono cose che hanno valore, oggetti da proteggere insomma. E persone, evidentemente.
Vetrine più e meno intelligenti
Nel Cinquecento le stanze delle meraviglie erano zeppe di vetrine, scatole trasparenti per oggetti vanitosi con un duplice scopo: mostrare e contenere. Con i primi musei la vetrina diventa teca, si fa melanconica e si scopre strumento per conservare quello che ospita ricordando i bei tempi andati. La stessa parola teca più tardi sborda e conquista campi semantici diversi da quello museale, mantiene intatto il suo sguardo al passato ma diventa plurale in Rai Teche, nato negli anni '90 come archivio di tutto il materiale audiovisivo della Rai.
Techetechetè, provate a passare da genitori over 60 all'ora di cena
E chi parla di scienza delle vetrine non ha tutti i torti, oggi le vetrine sono intelligenti, possono fare cose al limite con la fantascienza e sembra che in questo campo gli italiani siano dei fenomeni, la ditta Goppion spaccia teche ai più importanti musei del mondo.
Artisti in love with teche
Nel Novecento artisti possessivi inglobano la teca nei loro lavori. Duchamp racconta al critico Pierre Cabanne di voler aspirare a una quarta dimensione, realizzando un’opera praticamente invisibile. Come sappiamo poi qualcosa è andato storto, parliamo ovviamente del Grande Vetro. Ma nel contemporaneo non è neanche l’esempio più famoso. Tra i più giovani c’è Antonio Fiorentino, che in un contenitore mescola acqua distillata e acetato di piombo, oppure Leandro Erlich e Isabel Alonso Vega, che sotto teca ci mettono dentro cose che non esistono, tipo le nuvole.
La grande illusione della trasparenza si radica anche nello spazio con le installazioni di Mario Merz, i Cronotopi di Nanda Vigo, nati dal rapporto luce/ambiente.
O il Labirinto di Parmiggiani, in questa foto armato di picchetto e occhiali antigraffio
Trasparenza sacra e profana
In architettura questa storia della trasparenza è in mano ai mastri vetrai fin dal gotico, quelli delle vetrate della Sainte-Chapelle di Parigi. La palla poi passa agli architetti di serre che costruivano bellissimi giardini d’inverno in Francia e Inghilterra. Ma dobbiamo andare all’Esposizione Universale del 1851 di Londra per vedere LA TECA PIU' GRANDE DEL MONDO, tempio di una modernità forgiata nel ferro e nel vetro. Dentro non c’erano solo piante, ma prodotti di tutti i tipi: prodotti in vendita. Ecco, questo è importante perché di lì a poco, ci dice Benjamin nei suoi Passages, le vetrine si diffondono ovunque, nei grandi magazzini, nei negozi in città.
Crystal Palace, 1851, Londra. Le fondamenta del capitalismo sono fatte di cristallo
Con il Crystal Palace nasce anche un nuovo stile architettonico, per Paul Scheerbart (che guarda caso era uno scrittore di letteratura fantastica) lo specchio di una nuova civiltà che si concretizza nel Glass Pavilion di Bruno Taut e trova continuità nelle costruzioni moderne: la Maison de verre di Pierre Chareau, la teca del Morpurgo voluta da Mussolini per l’Ara Pacis e poi rifatta da Meier (odiata tanto ieri, come oggi), la Piramide del Louvre; e ancora nelle architetture di Lina Bo Bardi, Gehry, Fuksas, ecc, ecc. Ma pensiamo alle costruzioni utopiche, anche queste progettate nel vetro: nell’Ottocento il Falansterio di Fourier, edificio ideale del proletariato proto-comunista e prototipo della Ville Radieuse di Le Corbusier era trasparente, così come la New Babylon di Constant.
Immaginate il Campo Marzio di Piranesi, con sopra una membrana di plexiglass
Teca canaglia
Utopie fragili che in epoca moderna si infrangono. Sul piano simbolico la trasparenza diventa un concetto palindromo: il più importante principio democratico o il più grande pacco della società contemporanea. Il primo, fondato sui principi illuministi; il secondo, su un mito postmoderno sgretolatosi all’alba del capitalismo della sorveglianza. D’altra parte, nessuna trasparenza è poi così trasparente, spiega in questo saggio Byung-Chul Han.
Narcisisti e guardoni
Nel vetro del resto non ci sono zone d’ombra. Se puoi viverci dentro, lo puoi fare tranquillamente anche in una vetrina. Il Wallen di Amsterdam non è l'unico posto tirato in ballo.
Questa è Tilda Swinton che schiaccia un pisolino al MoMA. Stessa cosa nel 2003, l’illusionista David Blaine resta sospeso per 44 giorni in una gabbia di vetro sul Tamigi. Avete presente invece il Macro Asilo? Un paio di anni fa gli atelier erano box trasparenti. Non sono piaciuti quasi a nessuno, ma facevano tanto pensare a Ex Machina. E a proposito di IA, all’ultima Biennale di Venezia dietro un vetro Sun Yuan & Peng Yu hanno messo un braccio meccanico spala-sangue. Questa follia sembrerebbe tutta contemporanea ma non lo è; da qualche parte si dice che Simenon si era messo in testa di scrivere un romanzo chiuso in una gabbia trasparente.
ma era un fake : (
Declinazioni contemporanee di vetrine
Ok, ultima cosa: prendiamo quei progetti artistici che vengono realizzati apposta per le vetrine, tipo lo spazio romano Una Vetrina, o Digital video wall di Metronom a Modena. Oppure i lavori allestiti nelle vetrine commerciali, gli orsi di Paola Pivi alla Rinascente non sono gli unici. I prodotti in vendita, quelli no, non sono più in bella mostra.
Per comprare invece si va online, e non serve una grande immaginazione per pensare allo schermo come il massimo esempio di vetrina contemporanea. Dietro alla sua superficie lucida e trasparente ci troviamo qualsiasi cosa. Le vetrine oggi sono più belle, più intelligenti e più bugiarde. E la realtà virtuale è la più bugiarda di tutte.
Bene, se è tutto chiaro ci vediamo tra 15 giorni per un’altra apparizione. Nel frattempo, sapete dove trovarmi.